Un sacco di risate, una valle di lacrime…tante emozioni!

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Se dovessi riassumere il Festival del Fundraising 2016 in una parola e qualche aggettivo direi: acqua, dolce e salata.

Sì perché questo Festival è cominciato proprio con l’acqua, tanta acqua ed è finito…con un altro tipo di acqua.

Dopo due giorni di diluvio universale, un dolore atroce al collo, mercoledì mattina mi sono svegliata e, il dolore al collo era passato, ma…diluviava. Sono andata a prendere il tram per raggiungere la stazione della metropolitana e, nei pochi metri che distanziano il mio portone dalla banchina, la mia valigia aveva già ricevuto tutte le benedizioni possibili.

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Insomma, mentre andavo a prendere il treno, Milano mi stava regalando l’ennesima giornata uggiosa.

Arrivati a Peschiera stesso copione: acqua.

Fortunatamente sai già che la depressione meteorologica non potrà mai minare il Festival, perché dentro all’Hotel Parchi del Garda c’era il sole ad aspettarci.

Ebbene sì, il sole di un Festival che come al solito ha saputo stupirci, affascinarci, incantarci, ispirarci.

Dopo una plenaria iniziale un po’ sotto tono, un po’ nuvolosa, se vogliamo sempre giocare con il meteo, sono corsa a sentire Ambrogetti&Friends nella sessione Avrei voluto pensarci io. Era arrivato il sole. Una sessione davvero bella, dove non hanno insegnato delle strategie di Fundraising, ma ci hanno ricordato che i fundraiser si lasciano ispirare, si fanno trasportare dalla passione e affrontano le sfide a testa alta. I fundraiser si lasciano contagiare e buttano sempre un occhio su quello che stanno facendo gli altri, perché bisogna conoscere il “nemico” e soprattutto saper copiare dai successi degli altri.

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Poi la mia full immersion è passata attraverso il mailing, le sue misurazioni e le strategie. Ho scelto di andare ad ascoltare il secondo giorno Roger Bergonzoli che si occupa di Fundraising per la Fondazione Santa Rita da Cascia, che ci ha dato un sacco di idee davvero interessanti.

Poi Middle Donors e Major Donor come se piovesse (gli altri due giorni era nuvoloso!), fino al “Cooking with Mallabone”, dove abbiamo capito ancora una volta che le nostre onp devono imparare a differenziarsi. Mallabone ha versato un sacchetto di pasta sul tavolo, ha detto che i singoli fusilli rappresentavano una onp. Tutti uguali in un mare di pasta. Era chiara la lezione: le onp sono tutti fusilli in mezzo a fusilli: solo differenziandoci possiamo essere più facilmente riconoscibili.

Un’altra lezione importante da questo guru dei Major Donor è stata a proposito dei progetti che proponiamo ai nostri major. Che non vanno fatti con leggerezza, dobbiamo sapere a chi stiamo chiedendo, dobbiamo conoscere i loro interessi e soprattutto dobbiamo ricordarci che i nostri donors non stanno acquistando dei prodotti, ma facendo una richiesta stiamo offrendo loro l’opportunità di fare grandi cose, di salvare vite, di realizzare sogni.

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I nostri donatori sono preziosi e hanno davvero tanto da dirci, dobbiamo imparare ad ascoltari: abbiamo due orecchie mica per niente eh!

E ascoltando proprio i donatori dell’anno, durante la premiazione degli Italian Fundraising Award, ho capito ancora una volta che la gente vuole fare del bene. Le persone vorrebbero fare qualcosa per cambiare in meglio il mondo in cui viviamo e noi fundraiser possiamo aiutarli!

Non sono mancate poi le esperienze goliardiche. Prima di tutto ritrovarsi con i propri compagni del Master è sempre bello, ricordare quello che eravamo un anno fa…ci faceva sorridere! Soprattutto mi sono sentita onorata a rispondere alle domande degli attuali studenti che durante i coffee breck mi hanno più volte avvicinata per chiedermi informazioni.

Seconda cosa: la festa con la serata a tema, quest’anno abbiamo fatto un salto nel mondo country, con tanto di balle di fieno in sala, camicie a quadrettoni e tanta musica.

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E poi è arrivato venerdì. L’ultimo giorno con l’altrettanto tanto attesa plenaria finale.

Un altro momento caratterizzato dall’acqua.

Fuori era sempre nuvoloso, dentro il solito sole da festival. Meteo tutto sotto controllo, ma non eravamo pronti ai relatori della plenaria finale.

Dopo l’intervento di Kumi Naidoo, incentrato sull’esigenza della disobbedienza per migliorare la vita di tutti, per i diritti di tutti, è salito sul palco Alberto Cairo. Un uomo alto e magro, con il volto scavato dalle poche ore di sonno e dalla passione che mette in quello che fa.

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Nel giro di pochi minuti ha catturato l’attenzione di tutti. 800 fundraiser pendevano dalle sue labbra, 800 fundraiser sentivano gli occhi riempirsi di lacrime di gioia, perché quell’uomo stava raccontando qualcosa di meraviglioso. Alberto Cairo ogni giorno dà dignità ai disabili, restituisce loro la vita di uomini e donne.

E’ stata una testimonianza preziosa, ho sentito diversi medici che lavorano in zone di guerra, ma Alberto è stato unico, appassionante, avvincente, estremamente vero. Non era uno di quegli interventi retorici della serie: “Le strade sono piene di buche e spesso non abbiamo l’acqua.”, sappiamo tutti che nelle zone di guerra è difficile vivere, ma come si convive con le difficoltà nelle zone di guerra? Dov’è la speranza? Cosa pensano realmente le persone che hanno perso una gamba a causa di una mina antiuomo? Qual è la voglia di riscatto nelle zone di guerra?

Alla fine della plenaria nemmeno Valerio Melandri sapeva cosa dire, parlare dopo due mostri come Kumi Naidoo e Alberto Cairo è impossibile. L’unica cosa da dire era: ci vediamo il prossimo anno.

Ebbene sì, al prossimo anno.

Intanto ci siamo portati a casa un po’ di strumenti, tante idee, un po’ di acqua e abbiamo lasciato al Parchi del Garda un po’ di lacrime, una valle di lacrime di gioia! 

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Ma prima di lasciarvi, vi chiedo una mano, una firma per la petizione per il 5×1000, per avere maggiori diritti come onp, ma anche come contribuenti. Trovate a questo link la petizione con una esaustiva spiegazione di Coen Cagli. Firmatelo, è davvero importante per il nostro paese! 

 

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