Fundraising to say (e io che pensavo di non andarci)

Stavo facendo la doccia. Come nel 90% dei casi in cui il mio telefono suona e a chiamarmi è Letizia Bucalo.

Proprio così. Stavo facendo la doccia e Letizia Bucalo mi dà udienza per parlare della sua trasmissione radio. Ero curiosa di capire cosa facevano lei e il Maestro Silipigni, ma soprattutto come era nata la bellissima iniziativa di: “Buono & giusto”.

Direi che è stato proprio in quel momento che Letizia, in una chiacchierata di un’ora (durante la quale io ero in accappatoio) mi ha raccontato della Valle d’Aosta, della Fontina, di Buono & giusto, di Silipigni e poi di Fundraising to Say. Mi aveva detto e ridetto più volte: “Mi piacerebbe se voi fanciulle del Non Profit Women Camp partecipaste.”

Ai tempi le avevo risposto con un: “Sarà difficile…” perché, a causa di una serie di contingenze famigliari e lavorative, il mio mese di settembre si era riempito e non trovavo modo di incastrare tutto al meglio.

Ma qualcuno ha mai detto di no a Letizia?

Succede poi che risulto candidata agli Assif Fundraising Prize, nella categoria Change Management e mi viene il panico. Posso dirlo qui, su Unaerredueti, che quando l’ho scoperto ho iniziato a chiamare all’appello la mia me-stessa-medesima-disfattista.

“Oddio no, ma figurati, non me lo merito, ma poi devo andare in Sicilia, ma no, ma poi come faccio…” insomma, avevo una serie di scuse che potevo riempirci un libro lungo quanto la Trilogia de Il Signore degli Anelli e forse pure Lo Hobbit!

Poi, qualche settimana dopo, mentre ero nuovamente in accappatoio è arrivata lei. La telefonata di Letizia Bucalo.

Mi comunicava che avevo vinto.

Ansia. Ritorno della serie di: “Oddio no, ma no, ma come, ma la Sicilia, l’aereo…”

“Devi venire!” Insomma, Letizia mi ha fatto capire che pare brutto ricevere un premio e non presentarsi. A meno che tu non abbia una scusa super valida, quando si vince ci si presenta. A lei si è aggiunto mio papà cinque minuti dopo non appena ho chiamato casa per dare la notizia.

E così nel giro di tre giorni ho organizzato un weekend ai Giardini Naxos con una sosta a Catania per verificare se la granita Catanese è davvero buona (spoiler: è proprio buona!).

Ma cosa è questo Fundraising to Say?

Questo anno per la prima volta l’Associazione Italiana dei Fundraiser, al secolo Assif, ha scelto di organizzare un evento, un forum dedicato ai professionisti del dono. Letizia ci ha creduto fin da subito e ha voluto che questo evento si svolgesse nella sua splendida Sicilia, nel messinese.

Un evento pensato per la formazione dei Fundraiser, per accogliere le famiglie degli stessi e per offrire loro anche l’opportunità di conoscere il territorio.

E come raccontano proprio sul sito:

Fundraising To Say vuole suscitare un cambiamento culturale necessario: saper comunicare il fundraising, non soltanto per sostenere l’attività di raccolta fondi ma soprattutto per generare valore culturale a sostegno del Non Profit. È un evento nazionale dal concept innovativo, che coinvolge non solo i fundraiser ma tutte le professionalità che generano e costruiscono progetti a beneficio del contesto sociale: comunicatori, giornalisti, consulenti, fornitori di servizi, volontari, studenti e stakeholder che operano nel Terzo Settore.

Quattro giorni ideati e strutturati per chi ogni giorno si sporca le mani e ha a che fare non solo con Roi, Redemption e KPI, ma prima e soprattutto con i colleghi che non è detto che facciano il nostro lavoro e con i quali si deve lavorare per portarci a casa…le donazioni!

Cosa ho imparato a Fundraising to Say?

Da questi giorni mi porto a casa l’entusiasmo e la voglia di fare che ho visto nei colleghi di tutte le regioni, di tutte le organizzazioni grandi e piccole che hanno scelto di essere presenti.

Ho visto una rete di Fundraiser e non solo, una rete di professionisti che credono nel Terzo Settore, che vogliono il suo bene.

Mi sono portata a casa dei momenti di riflessione sulla comunicazione per il Terzo Settore. A volte non sappiamo proprio comunicarci al meglio. Il Terzo Settore deve trasmettere empatia, senso di appartenenza, concretezza. Deve comunicare che è la risposta a certe mancanze, a certi vuoti.

Comunicare il Terzo Settore non è solo una questione di avere la voce più forte in un mondo digitale dove tutti urlano e quindi non solo essere presenti sui social, avere il PED (piano editoriale) più figo del secolo. Non è solo dire cosa fai, ma è dire i tuoi valori, il purpose (eh già!), raccontare perché lo fai e cosa ti spinge ogni mattina ad alzarti dal letto e ad aprire la porta della tua organizzazione non profit.

E quindi non limitiamoci a collezionare like e cuoricini sui social, o a usare Tik Tok come hanno fatto i politici italiani in campagna elettorale. Esserci per esserci non porta da nessuna parte. C’è bisogno di scatole piene di contenuti e di senso!

Viviamo in un periodo in cui la comunicazione si è svuotata di senso, un periodo storico in cui è tutto buttato sui social come se fosse una piazza dove chi la spara più grossa vince. Riempiamo le nostre pagine di senso perché noi viviamo di senso ogni giorno nelle nostre realtà non profit!

E poi scriviamo a caratteri cubitali sulle pareti dei nostri uffici: il Fundraising e la Comunicazione non sono due comparti stagni, devono necessariamente collaborare!

E il premio?

Dopo la filippica torno al premio.

Eccomi qua, con il mio capello stranamente mosso, un po’ di sano imbarazzo, i riflettori in faccia e Andrea Romboli che mi consegna il premio.

Davanti a me (non si vede dalla foto) la meravigliosa Beatrice Lentati, donna che ammiro e stimo e che è stata anche lei premiata proprio per l’impegno e i valori che ha portato nel nostro mondo.

Ricevere quel premio è stata per me una scarica di adrenalina, ma anche un senso di responsabilità importante. Non è facile essere promotori di cambiamento, perché si prendono un sacco di porte in faccia. Però dobbiamo farlo, dobbiamo provarci e soprattutto dobbiamo crederci!

Le persone del team di Fundraising to Say hanno scelto di definirsi visionari. Non so se sono una visionaria, ma so che dobbiamo allenarci ogni giorno per esserlo. Solo così potremo realizzare il meglio per i luoghi in cui lavoriamo.

La cena di gala e la consegna degli Assif Fundraising Prize

Ora però fammi fare un ringraziamento!

A Fundraising to Say sono rimasta un paio di giorni ed è stata per me un’esperienza splendida tanto che conto i giorni che ci separano dal prossimo anno…o meglio i mesi, visto che le date ancora non sono ancora state rese pubbliche!

Voglio dire grazie in primis ai colleghi che mi hanno votata dandomi l’opportunità di vincere il premio in Change Management. Vi assicuro che la sindrome dell’impostore mi ha accompagnata su quel palco, è stata premiata con me e mi ha ri-accompagnata al tavolo, perché mi sembra sempre di non aver fatto mai abbastanza. Il fatto che voi abbiate creduto in me è molto importante sul lato umano ancor prima di quello professionale.

Grazie a Letizia Bucalo, la donna a cui nessuno può dire di no, che ha messo insieme tutto questo splendore e ha coordinato il dream team di visionari!

Grazie a Rosalba Pastena che per me era solo una conoscenza digitale e che finalmente è diventata tangibile: esiste davvero!

Grazie a tutte le persone che hanno creduto nell’evento. Fundraising to Say è stato bello grazie a ognuno di voi!

3 pensieri su “Fundraising to say (e io che pensavo di non andarci)

  1. Maria Grazia Zollo scrive:

    Ciao Francesca che bello il tuo articolo e sottoscrivo tutto, io che ci sono stata per tutti e 4 i giorni ho vissuto delle emozioni bellissime e sono tornata a casa con una carica pazzesca.
    A presto
    Maria Grazia Zollo

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