I libri per il fundraiser

Quando avevo 14 anni, mia mamma, insegnante, mi aveva dato da leggere un libro, un po’ vecchiotto, che si intitolava: “Come parlare e scrivere meglio”. L’obiettivo era spiegarmi quanto fosse necessario avere un buon lessico e soprattutto una certa scioltezza nel comunicare sia oralmente sia per via scritta.

Oltre a questo, voleva spiegarmi che ogni ambiente ha un suo modo di comunicare, ogni tipologia di documento è caratterizzato da stili differenti. Un articolo di giornale ha un tono, un saggio breve un altro, un’analisi testuale un altro ancora.

Tutto questo derivava dal fatto che il mio primo anno di liceo classico, quarta ginnasio, era stato caratterizzato da non poche difficoltà nel campo della scrittura e dell’esposizione orale. Non avevo mai faticato alle medie, ma, con il passaggio al liceo, il salto si è sentito.

Uno scatto di crescita, doloroso, perché ci si rende conto che nulla è più come prima e, se vuoi essere sul pezzo, devi adeguarti alle nuove regole.

Come ne sono uscita? Con un po’ di sana fatica e tante letture. Un po’ di 6 e 6 e mezzo sul libretto dei voti e una immensa passione per i Promessi Sposi.

Nel mondo del Fundraising la scrittura e l’esposizione orale hanno un ruolo centrale, soprattutto se non siamo chiamati a lavorare nel back office, se non dedichiamo il 100% della nostra vita al data entry.

Relazionarsi con un donatore o con un’azienda richiede capacità di scrittura e racconto coinvolgenti, capacità di argomentare, conoscenza dei temi trattati. Perché la credibilità nostra e della nostra organizzazione sono centrali.

Quando si entra in una nuova organizzazione, è fondamentale imparare il più possibile su progetti, metodo e impegno in modo da poterla restituire al meglio all’esterno. Meglio poi se riusciamo a intrecciare il racconto dei progetti con le storie dei beneficiari, per rendere subito concreto quello che facciamo.

Raccontare qualche aneddoto, rende ancora più immediato l’impatto sui nostri potenziali sostenitori o già sostenitori.

Sono quindi benvenute letture di progetti e quant’altro, libri scritti dal o dalla Presidente (fondamentali anche per apprendere il suo tono di voce e per farlo il più possibile nostro), Bilanci Sociali e report.

Sono convinta però che tutto questo non basti. Per essere fundraiser migliori, dobbiamo spingerci un po’ più in là.

Come scrivere (un po’) meglio!

Se ci pensi, la scrittura per il fundraising, soprattutto quando ci rivolgiamo a donatori privati, è narrativa, descrittiva e densa di emozioni. Queste tre caratteristiche vanno nutrite, per riuscire a far entrare al meglio il nostro donatore o prospect all’interno del progetto.

Dobbiamo offrirgli lo sguardo giusto sulle cose, accompagnandolo a scoprire l’organizzazione per cui lavoriamo, facendogli capire il bisogno e il beneficio che porterà la sua donazione.

Personalmente trovo molto utile, per narrare al meglio, leggere. Non leggere “tanto”! Leggere con un giusto approccio. Non devono essere necessariamente i classici.

Certo, se vogliamo raccontare la povertà e la sofferenza, Dickens è certamente uno scrittore che va conosciuto, così come Victor Hugo, con il suo Les Miserables.  

Ci sono però narratori contemporanei, cito ad esempio Franzen, che riescono a descrivere psicologicamente i personaggi e a renderli veri, tanto che, quando chiudi uno dei loro romanzi, ti aspetti quasi di incontrarli fuori dalla porta di casa, di incrociarli sul pianerottolo e di salutarli alla fermata del bus. La famiglia de “Le correzioni” potrebbe essere nostra vicina di casa. La protagonista di “Purity” potrebbe essere la cugina nerd che vedi una volta l’anno e che non hai ben capito di cosa vive e che lavoro fa.

Anche la stessa Ferrante è in grado di restituire uno spaccato della società che incuriosisce e affascina, che ti trascina tra i rioni di Napoli, ti fa correre tra i diversi decumani e ti sembra davvero di essere là.

Dobbiamo quindi assorbire il loro stile?

No. Non è questo il punto. Quello che voglio farti capire è che la lettura diventa linfa vitale per chi vuole narrare. Lo scrittore è prima di tutto lettore e lo deve essere anche il fundraiser, per poter raccontare al meglio.

Non sto dicendo di scrivere i mailing come li scriverebbero Franzen, Stephen King o Pavese.

Quello che voglio dire è che leggere Franzen, Stephen King, Pavese, Calvino e molti altri ci aiuta a incamerare quelle sfumature, quelle parole che possono aiutarci a raccontare meglio e a costruire narrazioni credibili.

Dirai: di più concreto del non profit non esiste nulla!

Vero. Ma sei certo che agli occhi di chi sta fuori sia davvero così?

L’universo narrativo

Nella primavera del 2020 ho frequentato un corso di storytelling alla Scuola Holden di Torino e ho avuto modo di fare alcune riflessioni intorno alla lettura e al racconto.

Raccontare significa prima di tutto costruire un mondo, un universo narrativo. Noi lo abbiamo già, è la nostra mission, ma dobbiamo renderla ancora più concreta, tangibile.

Ti faccio un esempio fortemente border line, ma sono certa che ti farà capire cosa intendo.

Prendiamo il mondo di Harry Potter. La Rowling ha creato un universo narrativo popolato da maghi, babbani (non maghi), buoni, cattivi, una scuola di magia. Vi sfido a non pensare che davvero a Kings Cross c’è una parete di mattoni che vi porta a prendere l’Hogwarts Express.

Ebbene, l’autrice è riuscita a trasportarci nel suo mondo e a farlo diventare nostro.

Poi il cinema, la gadgettistica, la riproduzione del binario 9 e tre quarti a Kings Cross, le mostre e tutto il resto hanno reso questo mondo sempre più concreto, ma se ci pensi il viaggio che vorremmo far fare al nostro donatore è un po’ questo.

L’esempio potteriano potrebbe stridere un po’ con la concretezza con cui noi ci interfacciamo ogni giorno, ma proviamo allora a pensare a Camilleri e a Montalbano o ancora alla Ferrante.

Una cosa è certa, a noi fundraiser non viene chiesta fantasia, ma creatività. Dobbiamo farci guidare da questi scrittori, “copiando” gli elementi che rendono il loro universo narrativo credibile.

Quali sono gli scrittori che possono aiutarci?

Sono certa che non esiste la top ten dei bravi, ma posso provare a consigliarti chi ho letto e leggo io. Preparati perché non ci saranno solo le colonne portanti della letteratura, ma a volte anche cose “commerciali”, ma che nel mio caso mi hanno aiutato a capire le leve su cui puntare.

Per motivi di spazio, non posso farti una lettura analitica di scrittore e relativo romanzo, ma provo a darti due o tre dritte su quanto hanno scritto e cosa a mio avviso va “rubato” dalle loro pagine.

Dato che queste liste variano nel tempo, ti indico qua la data in cui l’ho aggiornata: 28/06/2021  

Puoi lasciare nei commenti le tue opinioni o i tuoi suggerimenti.

Narrare i personaggi
Jonathan Franzen, “Le correzioni” e “Purity”
Giorgio Bassani, “Il giardino dei Finzi-Contini”
Elena Ferrante (o chi per lei), la saga de “L’amica geniale”
Francis Scott Fitzgerald, “Il grande Gatsby”
Ian McEwan, “Berlino”, “Espiazione”, “Solar”

Narrare i luoghi
Marco Balzano, “Resto qui”
Paolo Cognetti, “Le otto montagne”
Cesare Pavese, “La luna e i falò”

Costruire mondi
Nicolò Ammanniti, “Anna”
Margareth Atwood, “Il racconto dell’ancella”
Eoin Colfer, la serie di Artemis Fowl (che raccomanderei anche nell’ambito dei personaggi)
J. K. Rowling, la saga di Harry Potter
Lemony Snicket, la saga “Una serie di sfortunati eventi”

Narrare storie di vita
Chimamamnda Ngozi Adichie, “Dovremmo essere tutti femministi”
Mario Calabresi, “Non abbiate paura per noi, la nostra vita sarà meravigliosa”
Virginio Colmegna, “Ho avuto fame”
Virginio Colmegna, “Misericordia all’opera”
Jessica Budrer, “Nomadland”
Paolo Di Stefano, “I pesci devono nuotare”
Annie Ernaux, “Memoria di una ragazza”
Carlo Levi, “Cristo si è fermato a Eboli”
Luigi Milani, “Lettera a una professoressa”
Roberto Vecchioni, “Il mercante di luce”

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