Nè santi, nè maghi. Solo fundraiser.

merlin wizard

Sempre di più mi capita di trovare gente che si pietrifica quando dico che lavoro faccio. Di fronte alla parola “fundraising” capita a volte che le persone annuiscano con sorrisi di circostanza, altre volte, i più coraggiosi, sfoderano la fatidica domanda: “Sarebbe?”.

Poi quando gli spieghi per bene cosa fai passano alla commiserazione e iniziano a vederti o come un santo che ha deciso di dedicare la sua vita agli altri, o come un mago che da un cappello a cilindro tira fuori i soldi al posto dei conigli.

Non abbiamo ricevuto la lettera da Hogwarts né aspiriamo a finire nel calendario.

Siamo donne e uomini che scelgono di lavorare nel non profit per aiutarlo a realizzare i suoi progetti. Siano pozzi in Africa, adozioni a distanza, progetti sul territorio, progetti di accoglienza, progetti culturali, eventi di qualsiasi natura, siamo persone al servizio di una causa, che raccontiamo e spieghiamo cosa stanno facendo le nostre organizzazioni

Non nascondiamoci dietro a un dito. Chiediamo soldi. Chiediamo soldi per i progetti, per aiutare le organizzazioni non profit a realizzare la loro missione.

Chiediamo soldi, ma costruiamo relazioni, perché il vero fundraiser non è una sanguisuga che chiede, chiede, chiede e basta. Si chiede e si ringrazia, ma soprattutto si racconta e si spiega ai propri donatori che quello che stanno facendo è davvero importante, perché senza il loro aiuto non si va da nessuna parte.

Se non ci fossero le donazioni e quindi i fundraiser che si occupano di chiedere e ringraziare, molte delle organizzazioni non profit non potrebbero esistere e con loro tutti i meravigliosi progetti che portano avanti.

Ma non siamo santi, non perché il fundraising non sia qualcosa di “sano”, ma perché siamo persone comuni, che hanno spesso studiato per diventare fundraiser, che si formano con costanza ogni giorno, che lavorano in rete con i colleghi per confrontarsi e per migliorare.

Non siamo tutti preti e suore, anzi ci sono molte persone non credenti che lavorano in organizzazioni religiose. Perché? Perché semplicemente di fronte a una persona che sta male, non si va a guardare il credo religioso: se un’organizzazione lavora bene, lavora bene a prescindere che sia religiosa o meno.

E poi non siamo maghi. Non ci basta schioccare le dita per raccogliere 100.000€, ci vogliono strategie, pazienza, tempo, idee, riflessioni, successi e insuccessi. Ci vuole coraggio, ci vogliono donatori, ci vogliono relazioni, ci vuole un Consiglio di Amministrazione presente. Ci vogliono soldi perché se devo scrivere ai donatori, il francobollo da 0,95€ devo pagarlo.

Servono analisi di quello che si è fatto, servono competitors, questa parolaccia che rubiamo al profit: nel non profit la concorrenza non esiste, ma dal confronto con gli altri escono le idee migliori. Serve soprattutto conoscersi, è importante avere ben chiara la propria mission, la propria immagine, il punto di partenza e il punto di arrivo.

Fare fundraising non è solo mettere un banchetto con un cestino con scritto: “Dona ora per sostenerci!”, è molto, molto di più.

Il fundraising è un lavoro e anche se questa parola inglese, di ardua pronuncia non è ancora tanto conosciuta, sta iniziando ad essere richiesto molto in Italia e sempre più organizzazioni, a causa della mancanza di fondi pubblici, devono rivolgersi al privato per trovare chi le aiuta a finanziare i progetti.

E per finire vi svelo anche un piccolo segreto, che farà inorridire i più: i fundraiser sono pagati, ebbene sì, sono dipendenti e a volte anche consulenti che percepiscono uno stipendio. Non sono volontari, in alcuni casi certo lo sono, ma probabilmente non fanno il fundraiser di professione…insomma, la pagnotta bisogna anche portarla a casa. Che dite?

Che dire, in questo post vi ho svelato un segreto: non siamo né santi, né maghi.

Siamo solo fundraiser.

 

 

2 pensieri su “Nè santi, nè maghi. Solo fundraiser.

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