Ama il tuo donatore (fino alla morte)

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Tornare a Forlì è sempre speciale, perché ritorno nella cittadina dove ho fatto il Master in Fundraising e perché essere lì vuol dire imparare sempre qualcosa di nuovo.

Ama il tuo donatore (fino alla morte) era il titolo del Fundraising Day di quest’anno e se volessi riassumere questa giornata con una parola, quella sarebbe:

RELAZIONE

Ebbene sì, i fundraiser raccolgono le donazioni, ma se usi il tuo donatore come un bancomat: non funziona. Prima o poi ti abbandonerà perché non gli hai dedicato abbastanza attenzione, abbastanza cura, perché non lo hai ascoltato. Perché lo hai di fatto sfruttato.

E’ vero che i fundraiser raccolgono soldi, ma il fine non giustifica i mezzi.

Abbiamo a che fare ogni giorno con persone che scelgono di sostenere i progetti della nostra onlus.

Questo argomento è il fil rouge che ha accompagnato il Fundraising Day di quest’anno e che è emerso in ogni sessione, o almeno in quelle che ho seguito.

Conosci davvero il tuo donatore? Scopri come valorizzare le informazioni che hai già in casa!

La mia giornata è iniziata insieme a Francesco Ambrogetti di Unicef e Kevin Schulman, fondatore di DonorVoice. Il loro intervento è quello che mi ha dato la carica, offrendo ai presenti non solo  i dati concreti di svariati test fatti sui donatori, ma anche delle vere e proprie strategie da mettere in pratica praticamente subito.

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Cosa mi sono portata a casa da questa sessione?

  1. Devi conoscere il tuo donatore per sapere come devi parlargli, cosa vuole sapere della tua onp, cosa vuole anche ricevere.
  2. Non puoi cannibalizzare il donatore, ma devi trovare un canale di comunicazione che ti permetta di capire quali sono le sue esigenze. Telemarketing, brevi questionari, richieste di feedback.

Ancora una volta gli esempi ci arrivano dal mondo profit e di come la user experience sia ormai centrale in molti dei servizi che le diverse aziende propongono.

Vi faccio un esempio: se affitti un appartamento su Airbnb, appena torni a casa devi dire al tuo Host come ti sei trovato e anche a Airbnb, per aiutarli a migliorare il servizio.

Esatto, migliorare.

Sapete che il passaparola uccide? Se un donatore viene trascurato oppure si sente sfruttato, non parlerà mai bene della tua onp, mai. E lo dirà con i suoi amici e parenti, che a loro volta registreranno l’informazione e lo diranno ad altri e così via.

Catastrofico?

Dai, cosa fate voi quando andate a mangiare una pizza non buona? Cosa andate a raccontare di quella pizzeria?

Bisogna quindi prestare attenzione al donatore, a come ci comunichiamo, a come ci raccontiamo, ma soprattutto a come lo coinvolgiamo. Ancora una volta è stato ricordato che non siamo “noi a fare”, ma è grazie al donatore che agiamo, che facciamo, che aiutiamo.

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E tutto questo possiamo farlo con uno strumento che è il migliore amico di ogni fundraiser: il database! Perché lì dentro possiamo registrare la relazione con i donatori, sappiamo cosa gli abbiamo inviato, come ha risposto alle richieste di donazione.

Journey Mapping: il primo passo verso il Donor Love

La giornata è continuata poi in compagnia di Keira Roth e Brian Walsh.

E ancora una volta l’argomento era: ascoltare il cliente. Sì perché Brian Walsh lavora da Oracle America e lui ogni giorno insegna come si ascoltano i clienti, come si cerca di prevenire le loro richieste, come si agisce di fronte a critiche e brutte esperienze.

Ascoltare il cliente? Traduciamolo in “noprofittese” e diventa: ascoltare il donatore.

Ebbene, ancora una volta è importante ascoltare il donatore per capire cosa pensa della nostra onp, se ha trovato difficoltà di qualche genere, in modo da capire, andargli incontro e soprattutto migliorare.

“I vostri clienti più scontenti sono la vostra fonte principale di apprendimento” diceva Bill Gates e al Fundraising Day questo è stato ripetuto più volte.

E’ proprio così, il donatore ci vede da fuori, legge quello che noi siamo, ci analizza e ci restituisce dei feedback. Il donatore deluso è quello che ci mette in discussione e ci sprona a migliorarci. Anzi, dobbiamo essere in grado di prevenire la sua delusione, dobbiamo prevenire le sue mosse e capire quali potranno essere le domande. Una specie di servizio clienti, donor care, donor voice: scegliete il titolo che più vi aggrada. Ma di fatto bisogna ascoltarlo.

Yoda VS Batman. Non c’è bisogno di grandi budget per grandi imprese!

Ascoltare il donatore e capire che personaggio è, come ci ha ricordato il simpaticissimo Chris Innes nella sua brillante sessione.

Il Fundraiser deve avere la saggezza di Yoda, deve dare la carica al donatore (Luke), non deve essere come Batman che si prende tutta la fama, ma di fatto poi è Robin (il donatore) a lavorare per lui.

Il Fundraiser deve quindi capire chi è il donatore e come deve parlargli, con quali strumenti e con quale tono, personalizzando il più possibile, capendo se è il donatore uno da bisogni primari o se si può approfondire di più la sua conoscenza dei progetti dell’associazione, se è affascinato dal brand o dalle grandi idee.

Devi partire da dov’è il donatore, non da dove sei tu onp. Il Fundraiser è donorcentrico, non egocentrico.

Insomma, ancora una volta,  è importante quindi prendere il nostro amico database e segmentare, segmentare, segmentare.

Giorno 1: prima donazione. E poi, come continua il viaggio?

Per chiudere la giornata, ho seguito la sessione con Anna Agus di ActionAid.

Già il titolo era esplicativo, perché ammettetelo: quanti inciampano sulla gestione del donatore? Molti. Ma non possiamo permettercelo.

Dobbiamo stare al passo del donatore, conoscerlo meglio, trovare occasioni di incontro, cercare di condividere momenti speciali.

Questa sessione mi piace riassumerla proprio con i punti che Anna Agus ci ha lasciato:

  • Mai stare in silenzio con i donatori
  • Personalizzare il più possibile
  • Sorprendere i donatori

E quindi, dopo questa sbrodolata…cosa mi porto a casa a fine giornata?

Ama il tuo donatore, incontralo, conoscilo, ascoltalo, parlagli mettendo da parte il “noi facciamo” e avendo ben chiaro quello che a lui interessa, quello che gli scalda il cuore. Sorprendilo e per fare tutto questo…usa il database, che è un ottimo punto di partenza. Un oggetto freddo, ma che se ben utilizzato diventa una fonte inestimabile di ricchezza di relazioni. Ecco appunto, le relazioni.

E infine prima di chiudere vi lascio anche i consigli per la lettura che mi sono portata a casa da questo Fundraising Day:

  • Tiny Essential of Donor Loytalty di Adrian Sergeant
  • What Makes People Tick – The Three Hidden Worlds of Settlers, Prospectors and Pioneers di Chris Rose

Insomma, ancora una volta il Fundraising Day è stato all’altezza delle aspettative.
Lavorando in una piccola onp, mi sono un po’ chiesta come attuare alcune delle proposte che sono state fatte, non è semplicissimo, ma “le orecchie le abbiamo”, insomma…l’ascolto del donatore si fa a qualsiasi livello, che tu sia una piccola o una grande. La strategia la crei tu, basta avere ben chiaro l’obiettivo, come sempre. 

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